Che fine hanno fatto i calciatori italiani? Questa è una delle tante domande che, dopo l’inizio della nuova stagione 2015/16, è comparsa sulla bocca di chiunque abbia notato che nel week end appena passato c’è stata davvero poca Italia sui campi da gioco del nostro campionato. Souprayen, Mandzukic, Szczesny, Kishna, Kondogbia sono solo 5 dei 36 calciatori di nazionalità straniera che hanno esordito nella prima giornata.
Attualmente la Serie A Tim conta 569 giocatori, di cui 305 di nazionalità straniera, pari al 53,6% (fonte transfermarkt.it): un dato decisamente allarmante considerato il fatto che il mercato sarà aperto fino alle ore 23 del 31 agosto e dunque questa percentuale è destinata ad aumentare stando alle ultime voci degli addetti ai lavori. Il 12,5% della percentuale sopra riportata è composto da calciatori brasiliani, 38 in particolare, seguito dal 10,5% da argentini (32), il 6,3% da francesi (19), il 5,9% da spagnoli (18), il 5,3% da serbi (16) e il 4,9% da croati (15). Le componenti africane di maggior spicco sono rappresentate da Senegal (11 giocatori pari al 3,6%) e Ghana (8 pari al 2,6%). Le squadre che invece dispongono del maggior numero di stranieri sono, in ordine, Lazio (25), Udinese (24), Fiorentina e Roma (22), Inter (21), Napoli (20). La Juventus campione d’Italia ne possiede 17, il Milan 12, ma le vere regine sono Frosinone (4) e Sassuolo (3). Tutte le altre non scendono al di sotto degli 11 tesserati.
Il problema non risiede nei calciatori, ma in coloro che si occupano di gestire i trasferimenti. Il tasso tecnico di alcuni stranieri presenti nel nostro campionato non va messo in discussione e molti gioiellini sono ambiti da mezza Europa, ma la domanda sorge spontanea: gli italiani sono davvero così tanto inferiori? La risposta potrebbe essere ricercata nel numero di trofei vinti dalla Nazionale Italiana (quattro mondiali e un europeo), ma probabilmente questo dimostra la forza dei nostri talenti fino a un certo punto, anche perchè il 2006 è passato da un po’ e la finale dell’ultimo europeo disputato non dà certezze in merito, visto il clamoroso flop dei Mondiali Brasiliani del 2014. Allora bisogna fare un passo in più, chiedersi una domanda più specifica: perchè una società decide di puntare su un terzino brasiliano invece di un terzino che fino all’anno scorso giocava nel Perugia o nella Pro Vercelli, squadre di Serie B, non di Eccellenza. Oppure, senza andare troppo lontano, perchè in questi giorni la Juventus ha comprato Alex Sandro a 20 mln quando Matteo Darmian è volato al Manchester United per una cifra intorno ai 18 milioni di euro per la felicità del Torino e del suo presidente Urbano Cairo? L’occhio degli osservatori dei club forse si è esteso troppo. Cercano in Brasile, in Francia, in Inghilterra, in Germania, nel Burkina Faso e, perchè no, anche nella Papua Nuova Guinea, ma di cercare in Italia non se ne parla. I giocatori sono considerati acerbi, le società comprano talentini di 15-16 anni, ma poi li fanno girare tra categorie inferiori (Lega Pro e Serie D su tutte) fino a quando non se ne perde traccia, sintomo di scarsa propensione alla coltivazione di potenzialità che salvo inaspettati aiuti, rimarranno inespresse appieno. Si preferisce così dare la 20esima possibilità a Balotelli, italianissimo ma autodistruttivo, piuttosto che puntare su un giovane, si preferisce acquistare giocatori ormai a fine carriera come Eto’o (vedi la Sampdoria) piuttosto che aggregare alla prima squadra un ragazzo della Primavera, si preferisce convocare giocatori non al meglio, ma di più esperienza, perchè si pensa che il ragazzino il gol decisivo non lo segnerà mai. Non aiuta di certo nemmeno la critica dei tifosi che pretendono giocatori già pronti per fare la differenza e si esaltano guardando i video che girano su alcuni ragazzini su Youtube, quando in realtà basterebbe stare in silenzio ed aspettare che il processo di crescita si completi facendo parlare il campo.
Si rimane perciò in questo limbo che sembra essere senza uscita, ma nonostante tutto la luce in fondo al tunnel c’è: il presidente Tavecchio ha già operato con la riduzione delle rose a 25 giocatori di cui quattro cresciuti in Italia ed altri quattro cresciuti nel vivaio. Questo comporta che le società precedentemente elencate con 20-25 calciatori stranieri, saranno costrette a trasferire quelli in esubero o a metterli fuori squadra, questo perchè in Italia non vige la norma che un calciatore non possa rifiutare un’offerta di un club di stesso livello e con trattamento retributivo almeno pari al precedente. La riforma ha senza dubbio iniziato un processo di investimento sui giovani, ma serve migliorarla nel corso nelle prossime stagioni, magari seguendo l’esempio dell’Athletic Bilbao che schiera solo calciatori spagnoli e con origini basche. Il nostro campionato ha senza dubbio bisogno del talento di Pogba, Jovetic, Bacca, Dzeko e compagni, ma ha necessità di giovani ragazzi italiani che possano diventare i futuri pilastri della Nazionale Italiana. I talenti ci sono, ora serve solo che qualcuno li lanci nel calcio che conta.