L’Ilva ormai esiste dal 9 luglio del 1949, ben sessantasei anni, sessantasei anni di omicidi e distruzione ambientale. Un mare bellissimo che aveva voglia di regalare bellezza e raccontarci della propria storia, che oggi si ritrova abbandonato e distrutto dall’uomo stesso, da suo figlio che ha cresciuto e allevato per molti anni. Vogliamo parlare di quei bambini che ingiustamente e inconsapevolmente sono costretti a respirare scorie di una fabbrica che non vuole smettere di inquinare?
Oggi il gup del tribunale di Taranto ha rinviato a giudizio ben 44 persone e 3 società sul “presunto disastro ambientale provocato dall’Ilva” dice su un articolo l’Ansa, io toglierei benissimo quel ridicolo e incoerente “presunto” poiché offenderebbe i parenti di tutte quelle vittime che ancora oggi sono costrette a vivere non solo col dolore di aver perso una persona cara, ma con l’inumana paura che spetta a chi è troppo vicino ad un killer che prima o poi potrebbe bussare alla propria porta di casa.
Tra gli indagati c’è anche l’ex sindaco di Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata per aver richiamato il direttore generale dell’Arpa Puglia affinchè fosse più leggero sul caso Ilva.
Possibile che in ben sessantasei anni solo oggi si parla di Ilva? Dovremmo aspettare altrettanti anni se non di più per parlare anche del caso di Cerano? Possibile che dei pezzi di carta siano più importanti delle vite umane? Ognuno di noi saprà trovare le proprie risposte nel suo profondo animo, con la speranza di un futuro meno peggio di un passato devastante. Menzionare il professor Fabio Matacchiera mi è più che dovuto, visto che è stato uno dei cardini di una sensibilizzazione popolare che è stata assente per troppi anni. Chi ha e ha avuto responsabilità pesanti su questo caso, dovrebbe fermarsi un secondo e riflettere seriamente su ciò che è successo, non per un auto punizione, ma per dimostrare a sé stessi che la vita è in ognuno di noi e che va onorata a prescindere.