La Deposizione di Cristo.
La pinacoteca di Volterra alla fine di luglio si trasforma in un grande laboratorio finalizzato al restauro della Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino del 1521. Per il cinquecentesimo anniversario della sua creazione. All’importante manifesto del Manierismo, protetto da una grande teca di vetro, alla presenza di quanti vorranno assistere, lavorerà il restauratore Daniele Rossi.
“La concitazione la frenesia l’esasperazione della scena e dei personaggi” deriva dalla committenza, cioè i flagellanti, che nel dolore e nella sofferenza vedevano i fattori che incrementavano la spiritualità. E la disperazione doveva richiamare la morte del Cristo come àncora di salvezza per l’uomo.
Altissima la varietà dei colori utilizzati. I suoi punti di riferimento sono Andrea del Sarto e il Tondo Doni di Michelangelo. Mediante i quali arriva all’originalità del proprio stile.
I contatti visivi.
È come se il dipinto raccontasse due storie. Nella prima, nella parte alta, la configurazione ha un andamento circolare: Cristo è circondato da quattro personaggi. Tra di loro, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo. Nella seconda, più statica, l’artista ha dipinto le tre Marie. Con Maria Maddalena che si aggrappa alle gambe della Madonna. San Giovanni sembra estraniarsi. Devastato dal dolore. Con il volto nascosto tra le mani.
Si diceva prima dei colori. Straordinariamente moderni. Un’anteprima del Cubismo di almeno quattrocento anni, secondo il restauratore. Dal corpo verdastro del Cristo senza vita, all’azzurro freddo e chiaro del fondale. Dai panneggi accesi di Giuseppe di Arimatea ai colori giallo e arancio delle donne. E poi lo stupefacente abito della Maddalena. Sembra pronto per una sfilata di Valentino.
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