Non ci sono più capolavori, forse perché tutto è già stato scritto. Ma forse ci sono più motivi con cui spiegare questo fatto assodato da molti, condiviso quasi all’unanimità. Userò molti “forse”, poiché siamo nel campo delle ipotesi, dei dubbi, dei condizionali. Ma cos’è un capolavoro? Prendiamo per buona la definizione della Treccani: “. a. La migliore in una serie di opere di un artista, di uno scrittore, o di un’età, di una scuola, ecc.: questo romanzo è ritenuto il suo c.; i c. della pittura ferrarese. b. Opera (e per estens. anche azione, impresa, comportamento) eccellente in genere: quadro, scultura, progetto che è un vero c.; la sua relazione al congresso, la sua lettera al presidente, la sua risposta è stata un c., un autentico c.; un c. di finezza, di grazia, di precisione; iron.; quest’articolo è un c. di bestialità; hai fatto proprio un bel capolavoro!”
Ebbene oggi ci sono opere pregevoli, anche di ottima fattura, ma non così eccellenti da segnare un’epoca, da segnare almeno uno spartiacque; ci sono opere che sono anche molto apprezzate e fanno discutere, ma non creano una svolta epocale, né sono di rottura o descrivono in modo magistrale la realtà, almeno qui in Italia, nella letteratura, nella poesia. Innanzitutto un capolavoro presuppone una grande originalità, una grande innovazione stilistica, concettuale, tematica che oggi è difficilissima, quasi impossibile rintracciare. Non solo ma oggi non c’è più in gran parte delle opere la cura maniacale della forma, tipica di molti capolavori. Se un capolavoro è dato dalla formula genio+tradizione+innovazione+metodo, si capisce che le ultime tre componenti lascino spesso a desiderare nel lavoro di molti artisti di oggi. Non ci sono più capolavori ma forse non sappiamo neanche più riconoscerli. Non ci sono più grandi geni oppure non sappiamo dare a loro la giusta e sacrosanta autorevolezza. È anche difficile riconoscere i grandi geni tra tutti i presunti incompresi, i tanti primi della classe, i creativi di ogni sorta, che spuntano ogni giorno come funghi. Non ci sono più capolavori, eppure i geni, seppur statisticamente rarissimi, ci sono ancora. La stessa statistica psicologica ci dice che i geni esistono in ogni generazione. Oppure che ci sia un grande declino intellettivo e/o intellettuale generale? Oppure i geni di oggi forse fanno i content creator, i copywriter o gli influencer invece che i romanzieri e i poeti: profitti maggiori, fama maggiore e molto meno sforzo. Che i geni di oggi, per tutta una serie di cause, non riescano a esprimere le loro potenzialità? E questo anche perché manca una temperie, un humus dal punto di vista culturale, così come manca una generazione che li sostiene, li supporta, li stimola, li arricchisce interiormente? Purtroppo si ritorna al fatto che un genio debba stare grandi periodi di solitudine per creare, ma non deve mai essere lasciato solo nella sua vita dagli amici, dai letterati, dagli intellettuali. Un genio per creare un capolavoro deve stare da solo quando crea e deve stare insieme agli altri quando non crea, ma oggi c’è molta confusione ad esempio tra mondo online e mondo offline, anzi tutti sono alla fine sempre online: magari un creativo vuole scrivere il capitolo di un romanzo, accende il pc e gli arrivano subito dieci messaggi su Whatsapp a cui rispondere! Un tempo a uno scrittore gli bastava una stanza appartata per assentarsi dal mondo, oggi il mondo perseguita sempre tutti! Prima cosa: il tempo da dedicare per scrivere un capolavoro. Dante impiegò 15 anni per scrivere la Divina Commedia, Petrarca scrisse il Canzoniere nell’arco di cinquant’anni, Proust ci mise 16 anni. Saba dedicò più di 20 anni per la struttura del Canzoniere. Stefano d’Arrigo per scrivere Horcynus Orca, ci mise 25 anni, e di fatto creò un capolavoro. Salinger impiegò 10 anni per scrivere “Il giovane Holden”. Tolkien impiegò 14 anni per scrivere “Il signore degli anelli”. Oggi non ci sono più capolavori a causa dell’autopromozione incessante, delle esigenze editoriali di pubblicare un libro ogni anno o ogni due. Oggi anche gli scrittori vanno di fretta e vogliono fare le cose più in fretta possibile. Ma soprattutto non ci sono più capolavori perché gli scrittori e le scrittrici non possono dedicarsi a tempo pieno a scrivere i loro capolavori, dato che devono guadagnarsi da vivere, e difficilmente chi scrive cose di qualità elevata campa con la sola scrittura: è un paradosso controintuitivo dei nostri giorni, ma è effettivamente così. Non ci sono più capolavori perché anche le grandi case editrici pubblicano soprattutto libri di intrattenimento. Forse i grandi geni ci sono ma vengono considerati autori non collocabili dalle grandi case editrici. È un poco quello che accade nella canzone di oggi: forse i Battiato, i Guccini, i Claudio Lolli oggi esistono, ma non vengono presi in considerazione dai grandi produttori discografici, che vogliono cose più commerciali e più leggere. Non ci sono più capolavori perché l’inconscio di tutti è stato quasi interamente colonizzato dai massmedia e dalla pornografia. Non ci sono più grandi capolavori perché scrittori e poeti passano troppo tempo sui social a fare polemiche sterili, a fare cricca, a curiosare, a cazzeggiare, etc etc. Non ci sono più capolavori perché la critica letteraria è assente o vacante e solo social e blog in modo approssimativo suppliscono la sua funzione sociale. Insomma se la critica letteraria non assolve più il suo compito e blogger e tiktoker non sono sufficientemente competenti per riconoscere un capolavoro, è chiaro che non esistono più capolavori, visto e considerato che, da che mondo è mondo, è la critica a stabilire cosa è capolavoro e cosa no (scusate la ripetitività del discorso). Alcuni dicono che oggi solo il successo delle vendite e il numero dei follower stabiliscano cos’è un capolavoro e cosa no. Comunque, nonostante queste problematiche di giudizio critico e di conseguente attestazione di un capolavoro, è indubbio che oggi non ci siano più opere eccelse come gli “Ossi di seppia” di Montale e come “La cognizione del dolore” di Gadda. Questo è fuori discussione! Non ci sono capolavori perché scrivere un capolavoro mette a dura prova l’equilibrio mentale e la salute psichica. Non ci sono capolavori perché mancano, almeno qui in Italia, gli incentivi economici per potersi ritagliare un lungo periodo di tempo per scrivere capolavori: mancano le borse di studio ad esempio per scrittori, come invece ci sono in altre nazioni del primo mondo. Non ci sono più capolavori perché cercare di scrivere capolavori non è remunerativo. Non ci sono più capolavori perché a breve termine il capolavoro non è remunerativo, ma lo è solo raramente a lungo termine: scrivere un capolavoro è rarissimo ed è raro anche guadagnare molto con un capolavoro. Insomma chi lo fa fare agli scrittori e ai poeti di scrivere capolavori? Non ci sono più capolavori perché scrivere un capolavoro è un’impresa molto ardua, che non ripaga il tempo impiegato. Non ci sono più capolavori perché molti non si accontentano più di un’improbabile gloria postuma. Non ci sono più capolavori perché non ci sono più regole e canoni definiti in letteratura, mentre questi un tempo stimolavano la fantasia, aguzzavano la mente degli artisti. Non ci sono più capolavori perché per scrivere un capolavoro bisogna avere molto tempo da perdere per l’incubazione, la creazione, la revisione, i ripensamenti. A proposito di incubazione Kerouac scrisse “On the road” in sole tre settimane, ma quanto tempo dedicò ai suoi viaggi? Coelho impiegò solo due settimane per scrivere “L’alchimista”, ma quanto tempo rimase in attesa dell’ispirazione, a rimuginare pensieri? Insomma se si considera l’intero processo creativo scrivere un capolavoro è sempre faticoso, anche se è meno faticoso, più autorealizzante rispetto a lavorare in fabbrica, oltre a non essere rischioso fisicamente. Non ci sono più capolavori perché i geni che li creavano non erano mai soddisfatti, erano perfezionisti fino all’inverosimile; facevano come Penelope che faceva e disfaceva sempre la sua tela, facevano e disfacevano incessantemente a costo di lasciare un capolavoro incompiuto, mentre gli artisti d’oggi hanno sempre l’incombenza di licenziare al più presto l’opera per pubblicarla per scriverne subito un’altra. Forse oggi il vero capolavoro di molti artisti non è un singolo libro ma l’opera omnia: la vera unità macrotestuale è l’opera omnia! Non ci sono più capolavori perché anche chi ha molto tempo libero è distratto da molte altre cose e non si impegna a tempo pieno nella scrittura. Non ci sono più capolavori perché forse non sarebbero ricompensati culturalmente, socialmente, professionalmente, oltre che economicamente, come ho scritto poche righe fa. Oggi ci sono degli ottimi libri ma non dei capolavori. Ci accontentiamo tutti (autori, critici, lettori) di buoni libri e nessuno pretende più il capolavoro. Forse è questione di fortuna, di caso. Forse di Proust ne nasce uno ogni cinque secoli. Forse in letteratura l’asticella della qualità si è gradualmente abbassata e invece la nascita dei capolavori richiede maggiore selettività e maggiore esclusività. Non ci sono più capolavori perché un capolavoro richiede anche spiritualità e la spiritualità è in grave crisi oggi. Non ci sono più capolavori perché la stesura di un capolavoro richiede silenzio, concentrazione, dedizione assoluta all’opera, insomma quasi una rinuncia totale alla vita sociale e oggi nessuno vuole rinunciare o può permettersi di rinunciare alla socialità. Sartre poteva dedicarsi interamente alla scrittura ma aveva anche una facilità di scrittura impressionante: scriveva circa 10000 parole al giorno e questa combinazione di tempo libero e genialità è difficilissimo trovarla. Non ci sono più capolavori perché è difficile non solo anticipare i tempi ma anche stare al passo con i tempi e capire pienamente il proprio tempo. Non ci sono più capolavori perché cercare di scrivere un capolavoro significa con grande probabilità fallire ed essere considerati troppo presuntuosi e troppo pretenziosi…e nessuno oggi è disposto al fallimento, quindi è molto meglio per molti rimanere nel mainstream, nel masscult e nel midcult. Non ci sono più capolavori, nonostante molti gridino al capolavoro per ogni buon libro. Non ci sono più capolavori perché cercare di scrivere un capolavoro significa accettare una grande sfida, come fece Perec che scrisse un intero romanzo senza la lettera e. Oggi un poeta potrebbe ad esempio cercare di scrivere un intero canzoniere di endecasillabi senza enjambement, ma ci vorrebbe troppo dispendio d’ingegno e di tempo. Non ci sono più capolavori perché manca la pazienza certosina necessaria per scriverli. Non ci sono più capolavori perché è quasi impossibile rappresentare questo mondo, che di fatto è diventato irrappresentabile con la sola scrittura.